venerdì 28 ottobre 2011

C'è sareo?- Ma come non sapete niente?! C'è stato l'otto settembre!
- E allora? Tutti gli anni c'è l'otto settembre... anche il nove il dieci...

Chiedo venia. Devo spiegare uno iato di mesi. Nel senso che sono mesi che non pubblico una parola. Però non è che non abbia fatto una cippa nel frattempo, anzi non ho avuto un minuto libero e tutt'ora non ne ho. Allora andiamo con ordine, dal principio.


C'è stato l'1 settembre.


Fare un bambino è una cosa complicatissima. Cioè, non è che sia particolarmente complesso per quanto riguarda i compiti di ciascuno... insomma la meccanica la conoscete. No, la parte complessa è di tipo ambientale, "environmental" come diciamo in informatica. In pratica tu fai il bambino, no? Poi però ancora prima che venga fuori occupa uno spazio pazzesco (e non solo nella pancia della mamma): intanto c'è il non semplice problema che quello se ne esce grossomodo quando vuole, e se la mamma è a Milano ed il papà a Schiphol-Rijk non è facile garantire al 100% di essere presenti al lieto evento (cioè, la mamma sì, il papà un po' meno). Poi potremmo parlare del fatto che c'è da finire di costruire un lettino e preparare una stanza... e quando torni da solo stanco la sera in una casa di 4 piani è già tanto se ti ricordi di dare una spazzata per terra dopo aver nutrito i gatti... figurarsi imbiancare pareti. Dici: "lo fai nel weekend?" NO: perchè nel weekend ovviamente vuoi andare a Milano e stare con la futura neo-mamma, aiutare i futuri nonni col loro trasloco (sì, ci piacciono le coincidenze in famiglia) e perché no, andare a Napoli dalla tua di nonna, che non vedi spesso (magari portandoti dietro 4 kg di mozzarelle di bufala da far conoscere a quei buzzurri del tuo ufficio). Insomma è gradita un po' di cooperazione da parte del nascituro, please.

Basta chiedere. Il ragazzo si dimostra subito di buono spirito e si impunta nel pancione: podalico, parto programmato, 1° settembre. Meglio di così che si poteva chiedere? In men che non si dica il papà prenota un bel volo KLM pulito pulito per la sera prima con ritorno lunedì mattina. La paternità in ufficio può essere chiesta con preavviso e tutti sono felici!

Le ultime due settimane corrono in fretta, succedono molte cose ma in men che non si dica è la mattina del parto, Libe è comprensibilmente nervosa e non è che io sotto sotto sia proprio tranquillo; continuo a ripetermi che è un'operazione chirurgica e come tale è tutto sotto controllo. Ma un parto è un parto, una cosa caotica no? E per questo motivo noi siamo in Italia, a Milano: per stare più tranquilli. L'imprevisto è in agguato, una ragazza deve fare un cesareo d'urgenza e ci passa avanti. Rimaniamo in sala parto per un paio d'ore mentre aspettiamo che tocchi a noi, la tensione prova a salire ma l'ambiente rassicurante e pulito della stanza in cui ci troviamo in qualche modo ci isola dal mondo e ci rilassa per quanto possibile: vorrei che spegnessero quella dannata radio, cazzo. Odio la radio sommessa, sembra di stare dal dentista; quando senti quel ronzio piano piano di sottofondo, sembra sempre che da un momento all'altro debba alzarsi il volume ed arrivare una notizia importante o chessò, una bomba scoppia nell'atrio e tutti escono urlanti. Invece la sommessitudine ronzante continua per ore finché  la nostra amica d'urgenza rientra finalmente con la sua bambina fresca fresca fra le mani, è affaticata (la madre) ma rassicura Libe che tutto andrà bene e che non fa male (e che avrebbe dovuto dire? "Tu, donna, partorirai con gran dolore"?!?). Tocca a noi.

La sala operatoria è spaziosa e suddivisa in settori, Libe è al centro sotto i riflettori. Conto 11 donne attorno a lei, 12 persone con l'anestesista (unico uomo) che però finito il suo lavoro le si siede accanto e si mette a leggere un libro, di tanto in tanto le accarezza la testa e le chiede come va. Fa sorridere vedere una persona così calma e rilassata che non fa nulla (per carità, ha fatto la sua parte) mentre a pochi centimentri, al di là del telo che taglia Libe all'altezza del collo, le ostetriche lavorano freneticamente. In anticamera mi viene chiesto di sedere (oddio, sono convinte che sverrò!) e godermi lo spettacolo (!?!): verrà il mio turno al momento giusto. Io seduto osservo e man mano che le cose si fanno più cruente paradossalmente è sempre più facile guardare; la fermezza dei gesti, la netta suddivisione dei compiti nella sala mi restituiscono tranquillità mentre osservo a bocca aperta il mio bambino che viene al mondo, senza perdere di vista la madre. Non è un lavoro facile: il bimbo è grosso e delicato, il taglio non è enorme ed il corpo umano offre una straordinaria resistenza; posso valutare dal vivo quanta forza ci si possa applicare. Succede di colpo che l'atmosfera della sala cambi: i gesti prima ritmici e ripetuti diventano improvvisamente diversi e più larghi, l'azione nella stanza d'un tratto si espande e capisco che ora i centri d'interesse sono due. Sento Giacomo che piange, per la prima volta, e vedo Libe che è ancora tranquilla ed aspetta di vedere il frutto di tanta fatica ("è bruttissimo", dirà appena glielo piazzano davanti ancora tutto sporco). La prima cosa che sento dire è: "Ma quanto è grande?" seguito da: "Pesalo dai!". Ora tocca a me, a quanto pare; un'ostetrica che amorevolmente ho ribattezzato frau Blucher mi piazza il fagotto in mano e mi accompagna in un'altra sala dove lei lo lava ("vuole lavarlo lei?" - "Ma è scema?" rispondo con gli occhi) e gli fa una prima medicazione all'ombelico; segue la bilancia che certifica un bel 3975 grammi (che diventeranno 3970 al nido). Col mio bel fagottino in mano, stordito e confuso (ha tutti i pezzi giusti, sì? Sì) piazzo un piede fuori della porta della zona parto per mostrare l'erede ai nonni materni ed alla zia, che hanno aspettato lì pazienti per tutto il tempo, considerando che siamo arrivati alle 7 del mattino ed è ormai mezzogiorno. Frau Blucher (hihiiii!) mi fa capire amabilmente che è ora di rientrare e torniamo dalla mamma, che nel frattempo non si è mossa di un millimetro.

L'anestesista è ancora lì seduto a chiacchierare e leggere il suo libro, mentre dall'altra parte del telo le tre infermiere rimaste attorno a Libera si occupano di ripulire la ferita e cucire il taglio dentro e fuori; è un lavoro che dura quasi tre quarti d'ora, durante i quali io in piedi in anticamera cerco lo sguardo di Libe per mostrarle di tanto in tanto Giacomo e farle capire che sta bene, è forte ed è bellissimo nel suo essere un mostriciattolo accartocciato. Quando tutto sarà finito ci riporteranno in sala parto per giocare un po' in tranquillità con il nostro bimbo tutto nuovo e pulito.

Giacomo è tranquillo e apre ogni tanto gli occhi, non ha sofferto del parto ed il trauma è sicuramente minimo rispetto ai bambini nati di parto naturale; nessun travaglio, niente schiacciamenti, spinte. Era lì che stava placido, quando una luce è comparsa e delle forti mani l'hanno tirato fuori. Libe prova subito ad attaccarlo al seno e lui risponde bene, non ha ancora nulla da succhiare ma già fa il suo dovere! I giorni successivi sono senza soluzione di continuità. Dormire a casa è difficile e l'emozione è tanta; tanti, tantissimi amici vengono a trovarci in ospedale e fa davvero piacere, anche in vista del fatto che presto sarò in Olanda. Domenica la famigliola è dimessa dall'ospedale e lunedì mattina partire e lasciarli diventa difficile, più difficile di quanto pensassi. L'unico modo per non telefonare a Liran e prendermi altri giorni di ferie (e probabilmente una lettera di licenziamento!) è far finta che tutto questo non sia successo e salire veloce sull'aereo. Alle sette del mattino Libe e Giacomo, accompagnati dal nonno mi vengono a salutare; posso tenerlo in braccio ancora qualche minuto e sfrutto l'occasione fino in fondo. Penso che fra una ventina di giorni saranno a casa (quasi) definitivamente e che in fondo il prossimo weekend sarò ancora qui. Comincia l'avventura.


lunedì 22 agosto 2011

Mozzarì

Ci sono delle differenze fra l'Italia e l'Olanda. Poi ci sono delle differenze ancora più marcate fra il SUD Italia e l'Olanda. Cominciamo con ordine.

Agosto, Napoli, Capodichino. Mezzogiorno di fuoco. Fa caldo. Tuo padre ti accompagna all'aeroporto dopo pranzo, è domenica ma sai che potrai trovare delle mozzarelle fresche "che passano il controllo" (solo a Napoli, è chiaro). Fuori dall'aeroporto nel parcheggio il mozzarellaio è chiuso ma dentro c'è un commesso, bussi e lo implori di venderti al volo un paio di contenitori; non ha i bocconcini ma prende due mozzarelle da un chilo da un pallet di contenitori di polistirolo già sigillati, pronti per la spedizione. A scanso di equivoci, le infili nel bagaglio in stiva. Questo è il preambolo; mentre aspetto al gate scopro che nell'area duty-free c'è un chiosco dello stesso mozzarellaio, alquanto famoso, che invece ha pure i bocconcini. Non resisto. Due kg di bocconcini si aggiungono, questa volta al bagaglio a mano. Sono tranquillo perchè so che a Roma, dove devo cambiare, la coincidenza è allo stesso gate, quindi non avrò bisogno di passare di nuovo i controlli di sicurezza.

Quando finalmente il volo è pronto (Alitalia, anche se ho pagato KLM grrr!) ci scarrozzano dentro un carro bestiame dalla forma di un bus fino ad un piazzale al centro del deserto d'asfalto dove un aeroplano infuocato attende il suo carico di arrosti. Appena salito mi siedo al mio posto e sento uno strano rumore provenire dalla fiancata destra: il grosso tubo nero che convoglia l'aria condizionata durante la sosta s'è spezzato ed ora come un serpente impazzito frusta il fianco del nostro aereo (sempre più caldo) e spaventa i passeggeri che sulla scaletta cercano di non farsi colpire. Il personale di bordo guarda e ride. Guarda e ride.
Passano i minuti (dieci perlomeno) finchè finalmente qualcuno si decide a spegnere l'aria proveniente dal sottosuolo ed il serpente s'affloscia innocuo al terreno; intanto sull'aereo la temperatura sale sempre di più mentre i passeggeri si affollano ai propri posti. Quando pensavo che nulla potesse andare peggio, il capitano (lo stesso idiota che guardava il tubo e rideva insieme ai suoi stupidi colleghi di bordo) annuncia che per sicurezza è necessario fare dei controlli perchè l'aereo è stato ripetutamente colpito sulla fiancata (mentre lui,  l'idiota, ed i suoi colleghi, deficienti, ridevano e guardavano); tempo di ritardo previsto: 1 ora circa.
Ok, dico, ho tre ore a Roma per la coincidenza.
Anzi no, dice il capitano (l'idiota), non so quanto tempo servirà quindi vi facciamo scendere e vi diamo un voucher che non si sa mai. Quindi perdiamo mezz'ora a scaricare tutti i passeggeri, e con il nostro bel pezzo di carta igienica - voucher ci riaffolliamo sul carro bestiame che ci aspetta sotto. Il carro bestiame non si muove, il caldo aumenta. Passati altri 15-20 minuti il capitano (l'idiota) decide che tutto sommato si può ripartire e che ridateci il voucher e salite a bordo. Il ritardo però a questo punto è salito ancora e calcolo che a Roma avrò si e no 10 minuti per uscire dal gate d'arrivo e correre verso quello di partenza. Inizio ad accusare un certo nervosismo.

Finalmente in volo, le mozzarelle in stiva ed i bocconcini nel bagaglio a mano sopra il sedile cerco di rilassarmi; so che a Roma dovrò correre ma perdio ce la farò, cazzo. Alitalia di merda! Io ho pagato un volo KLM e questo è quello che mi date?
All'atterraggio mi fiondo fuori, ansimando e sudatissimo raggiungo il gate che sta chiamando il mio nome da chissà quanto tempo. Annuncio che arrivo dal LORO stupidissimo volo da Napoli e mi scuso per il LORO ritardo. A questo punto mi dicono che ok, posso salire, ma il mio bagaglio di stiva non arriverà per tempo per essere trasbordato. Ah. E quindi?
E quindi, mi dicono, può partire lo stesso (e il bagaglio? "Non saprei", risponde) oppure c'è un altro volo alle 8 di sera (comodo, no? Tu prenoti per arrivare a casa alle 4 del pomeriggio e loro ti fanno arrivare alle 10 di sera. Se prendevo un treno da Napoli arrivavo prima. Penso alle persone che stanno aspettando a bordo e dico ok, non posso permettermi di avere il bagaglio chissà quando e non voglio lasciare quella gente in attesa. Partite senza di me e amen.

Bene signore, mi dice felice la merda che mi trovo di fronte DOPO aver fatto partire l'aereo KLM, ora però deve uscire dall'area, ritirare il suo bagaglio, rifare il check-in e ripassare i controlli di sicurezza!

BAM!

EH? Come devo uscire, prendere il bagaglio e rientrare?!? Ma sono già qui! Non potete trasferirmi sul volo dopo e amen??  No.
Arriva il responsabile del gate, un ameno vecchietto che sembra il tipo della torre di controllo di Die Hard II. Dico guardi, io di rientrare ed uscire non ci penso proprio, mi sembra di essere stato anche parecchio accomondante lasciando partire il volo, oltretutto ho nel bagaglio a mano delle mozzarelle di bufala che non possono passare il controllo qua a Roma. Al che l'imbecille di prima mi fa: "Signore io le ho dato la scelta: se partiva subito le mandavamo la valigia a casa stasera"

BAM!

Io: "STASERA? E quando mi avrebbe detto che arrivava stasera A CASA MIA? Lei ha detto che NON SAPEVA QUANDO SAREBBE ARRIVATA!"
Risponde placido: "Sì, intendevo non so l'ora esatta, ma certo entro oggi!"

Stronzo.

Die Hard II cerca di raccapezzarsi, io a questo punto sto sudando dal caldo, ansimo per la corsa ed inizio a sentirmi male per la rabbia. Rispiego la situazione cercando di non incazzarmi ma facendo trasparire benissimo che sono incazzato come una biscia e che se pocopoco fanno i furbi partirà la macchina delle lettere di protesta di cui sono maestro; ho già avuto ragione di Cariplo, Telecom Italia, Sky, Tre e Tiscali, loro non saranno più fortunati. Spiego che la colpa è di Alitalia, che io ho un biglietto KLM e che sono affaracci loro farmi arrivare a casa, di certo non perderò le mie mozzarelle di bufala per colpa della loro incompetenza.
Die Hard II sveglia il criceto, soppesa le mie parole e ricompone il puzzle; infine riassume tutto magistralmente: "Quindi se ho ben capito è tutto un problema di mozzarelle?". Sì, rispondo.
Non può prendersi il mio bagaglio a mano in custodia, ma si può prendere i bocconcini e portarmeli al gate stasera. Nel frattempo, da bravo conoscitore, le terrà nel suo ufficio. Non sento puzza di fregatura e penso che in fondo se dovesse fare qualche scherzo saprò fargliela pagare.

Il resto della procedura va all'italiana: dopo mezz'ora di coda scopro che il bagaglio non sarebbe comunque stato mio prima di due ore, ovvero troppo tardi per fare il check-in. Mi fiondo con sicurezza nella lounge supermegapremiumclientidorati fottendomene del mio biglietto di economica ed aggredisco gentilmente la signorina al banco, facendole notare che Alitalia ha fatto una immensa puttanata e faranno bene a muovere le loro chiappette alate per aiutarmi; non ho intenzione di fare la coda insieme a quelli che hanno contestazioni, bagagli perduti o altro: io sono cliente KLM e non Alitalia, e siccome sono ancora in grado di salvare la giornata non mollerò l'osso. Tempo 10 minuti un'hostess KLM (la salvatrice!) arriva e prende in consegna il caso; altri 15 minuti e sto facendo il check-in del mio bagaglio, magicamente recuperato nonostante le due ore di attesa preventivate da Alitalia, e sto scegliendomi il posto. I tarallucci e il vino arriveranno al gate, dove Die Hard II mi consegna felice le mozzarelle e mi augura buon viaggio.

A sera arrivo a casa e mi preparo una caprese coi fiocchi; la pasta filante e calda dei bocconcini si scioglie in bocca, mentre la mozzarella cede il suo latte sotto la lama del coltello. Domani i colleghi faranno la fila per gustare questa prelibatezza chiedendosi se sia mai possibile averne alle nostre latitudini. No, gustatevelo finché ce n'è, da domani si torna al Gouda spacciato per formaggio.

domenica 7 agosto 2011

Gita al mare- Munaron! Cos’è quella faccia? Stai male?
- Non sappiamo nuotare!

Finalmente dopo tanto procrastinare e soprattutto dopo tanto brutto tempo siamo riusciti a pianificare una capatina al mare; da casa nostra la rinomata spiaggia di Bloemendaal Aan Zee (Qualcosa tipo: "cascata di fiori sul mare"), dista appena una dozzina di chilometri. La giornata è ventosa ma almeno c'è il sole, ed a sentire i giornali locali questo è stato il luglio peggiore degli ultimi cento anni ("cos'è che erano?" - "Aaaaanni!") - cerco quindi di avere fiducia che forse agosto sarà un po' più soleggiato, e che magari l'anno prossimo sarà meglio. Intanto decidiamo di giocarcela semplice e non strafare, quindi optiamo solo per un picnic con passeggiata sulla spiaggia. L'unico posto vicino adatto di cui conosco l'esistenza (e la strada) è Bloemendaal, dietro Zandvoort Aan Zee ("sabbia sul mare") che quindi diventa la nostra destinazione.

La giornata non è il massimo, il sole c'è anche, accompagnato da diverse nuvole che minacciano di coprire di tanto in tanto l'unica fonte di calore in una giornata straordinariamente ventosa. Sono circa le dieci e mezza quando facciamo rientrare i gatti in casa e ci prepariamo ad uscire, la massima concessione alla spiaggia sono i sandali ed i pantaloncini corti. Entrambi siamo dotati di felpa perchè è chiaro che farà un po' freddino. Saliamo in auto e ci muoviamo genericamente in direzione di Haarlem e Zandvoort. Il paesaggio, una volta arrivati vicino al mare, è quasi mediterraneo: pini marittimi, collinette coperte di vegetazione asciugata da vento, sole e sabbia. Molti olandesi hanno avuto la nostra stessa idea ma ciononostante il parcheggio è abbastanza libero, paghiamo per due ore e mezza (sappiamo che con quel vento dureremo poco!) e ci dirigiamo verso l'acqua. La zona è molto organizzata, a parte l'ovvio ristorante/hotel con vista, tantissimi localini diurni e night da spiaggia, ma anche un centro di primo soccorso marino (abbiamo assistito in prima persona al salvataggio di un uccello un po' malmesso da parte di un baywatch!) ed una stazione di polizia, il cui compito principale sembra essere impedire che la gente scenda in spiaggia con i cani.


E' ancora troppo presto per mangiare, ed il nostro obiettivo primario è farci una passeggiata sul mare (Andre), magari coi piedi in acqua (Libe). Scegliamo di seguire la direzione del vento e ci incamminiamo sul lungomare verso nord-est; alla nostra destra numerosi baretti all'aperto, rialzati di qualche metro e protetti ai lati da pannelli di vetro, offrono riparo dal vento. In mare poche persone (la maggior parte bambini) ma una gran quantità di kite-surfers; il vento è fortissimo ed i temerari in acqua si alzano spesso di parecchi metri, a me fanno più che altro paura le loro vele che spesso e volentieri si scagliano verso il basso compiendo pericolose cabrate sul bagnasciuga.
Continuando a camminare i localini cedono il passo a curiosi bungalow, palesemente privati, che come piccole e capanne con giardino si affacciano verso il mare. Un po' tutti diversi, danno l'idea di classici abusi edilizi all'italiana (anche se qui sono chiaramente leciti) e da fuori sembrano delle casette con un salottino/cucina, bagno ed una terrazza davanti protetta su tutti i lati. In un posto dove andare al mare significa spesso alternare sole cocente e pioggerelle passeggere, si intuisce il perchè di simili soluzioni; mi chiedo se siano un lusso di qualche riccone o meno, qualcosa tipo i capanni dei pescatori in certe zone d'Italia.


Continuando a camminare siamo arrivati dove la spiagga è totalmente  libera, forse è ora di tornare indietro anche perchè con il vento contrario saremo nella zona protetta giusto per ora di pranzo. Effettivamente è sempre più difficile avanzare in scioltezza, bisogna proprio camminare di buona lena. Ma il mare qui sarà sempre così, col vento che ti soffia la sabbia addosso? La mia felpa, così come le tasche dei miei pantaloncini, è piena di sabbia; siamo quasi arrivati nel punto da cui siamo scesi in spiaggia ed iniziamo a cercare un posto protetto dove sederci a mangiare la nostra insalata di farro, che Libera ha preparato prima di uscire in quantità industriale (ottimo: la porterò in ufficio per pranzo!). Dopo una rapida occhiata, non sembra esistere al momento un luogo adeguato! Cerchiamo quindi di scoprire se un monte di sedie straio possa essere adatto allo scopo e ci sediamo, dopo aver messo a terra un bel telo da mare. Cerchiamo di far finta di niente, ma è palese che no: le sdraio non funzionano un gran ché ed il vento anzi crea un vortice proprio dove siamo seduti noi; ma perdiana oggi siamo finalmente in spiaggia e qui resteremo! Con una mano a tenere il coperchio sul tupperware e l'altra per portare rapidissimamente il cibo alla bocca consumiamo quasi in silenzio il nostro pasto; a chi dovesse vederci ora forse sembriamo due affamati che proteggono il loro cibo dai predatori, ma l'insalata è buona e riusciamo ad evitare la sabbia abbastanza bene. Quando ci alziamo, dopo esserci ripresi un po' sotto il sole, il telo è praticamente sommerso intorno a noi. Stiamo un po' a guardare ridacchiando i bambini che si fanno fregare il pallone dal vento (per centinaia di metri, qui o corri subito o sei perduto!) poi raccogliamo le nostre cose e ci dirigiamo verso la macchina. Tutto sommato è stato piacevole, certo diverso dalle spiagge assolate (e affollate) in Italia, ma comunque riposante.



(Pictures by Libe)